LOBODILATTICE
Una Narrazione visiva che si muove tra riflessi e ferite, scandisce l’indagine di Ruins and Reflexes, di Alberto Fiorin e Anna Dormio a Cua di Maria Grazia de Giorgi, settima bipersonale presso Kunstschau contemporary Place, aperta lo scorso dicembre scorso a Lecce.
Una composizione dicotomica, che scandaglia le possibilità di tangibile e metafisico, portando due percorsi e due cifre stilistiche differenti, apparentemente incomincianti tra loro, su un piano di congiunzione e costruzione dialogica.
Lineare e netta, la formulazione d’insieme dei due artisti, si modula equilibrata e in accordo, scevra di aggiunte cromatiche al di fuori del bianco, del nero e degli spazi del cielo perimetrali, restituendo, infine, una cifra stilistica potente e un impianto formulato e sorretto dai concetti di materiale ed immateriale.
Il macrocosmo di Ruins and Refexes, declina e spalanca i suoi crateri d’indagine tra fotografia e bidimensionali, scultura e tridimensionalità; sprofonda in microcosmi molteplici e fratti, scissi e replicati, come le sue ferite, per poi risalire la sua circolarità, lungo le direttrici di intuizioni più universali.
Due leopere scultoree di Alberto Fiorin, nella completezza esatta di una rappresentazione antinomica; un elissoide di gesso, compiuto e concreto , ispirato da un ideale di finitezza e perfezione, e un cratere concavo che ha conosciuto tagli e combustione. Materia fisica e ontologia, due elementi di opposte polarità, congiunti però da un’ascesa ad un caos primordiale, dove generativo e agglutinante sono in simbiosi.
L’attraversamento della materia oltre il materico n parallelo tra semiotica e antropologia, necessità priva di ratio, si rende vivo ed eclatante il paradosso tra tangibile e ineffabile, sfociando in una drammaturgia umana che porta a sparare sulle fotografie, perimetrazioni di atmosfere, in un’azione insensata ed impossibile.
Tra astrazione di ideali formali, e l’aspirazione distruttiva e concreta protesa verso il cielo, inesplicabile e infinito, le due componenti si aprono e si chiudono, in un instancabile ed inarrestabile meccanismo cognitivo, tra universale e particolare, lasciando spazio al riflesso di ciò che rimane o ciò che resiste e genera ulteriori sprofondamenti nella materia.
Una metacontestualizzazione, quella allestita all’interno della whitebox salentina, che non richiede l’ardire di interpretazioni, ma lo scorcio sensibile e cognitivo, di un racconto umano, che tracima un suo intervento, ora tra suggestioni sparse nell’aere, luminoso o acceato dalla violenza fine a se stessa, ora tra il senso di finalismo e compiutezza della genesi, bianca e fredda come il gesso, ma anche nera e oscura come l’incognita irrazionale tra materia ed immanenza.
Lara Gigante
La mostra sarà visitabile sino al 31 dicembre 2018 su appuntamento
Kunstschau_Contemporary place
Via G. Toma 72, Lecce
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